LA MOLE DI TORINO E' UN PO' LA GRAN MADRE DI TUTTI
L'imponente Po lascia nella città di Torino la sua breve firma e rallenta il suo scorrere ai Murazzi per udire le storie di ogni razza e luogo, le urla ubriache e le danze ebbre. Il buio serale accoglie le nebbie di fumi che incantano per la loro saggezza e imprigionano per la loro illegalità.
Ogni notte due fiumi, quello umano e quello d'acqua, si incontrano, si salutano e rimangono perplessi ad ascoltare quello che hanno da raccontare. Qualcuno alzando la testa vede un monumento materno, la Gran Madre, che con le sue statue indica o fa credere di indicare dove si possa trovare un calice decisamente troppo famoso per essere un semplice bicchiere. Il Santo Graal può essere ovunque in questa città magica tormentata dall'incertezza se essere buona o malvagia, ma comprendendo perfettamente di essere semplicemente una città con una propria storia. Una storia che letta in qualsiasi giorno della settimana ha sempre qualcosa da raccontare.
Il racconto, dopo i Murazzi e la Gran Madre, prosegue la sua passeggiata e giunge al terzo posto, soddisfatto del suo personale podio. Il terzo posto è Piazza Castello, il luogo in cui ognuno decide se scegliere tra la Torino Buona o la Torino Cattiva. I testimoni di questa scelta sono le due statue di Castore e Polluce che osservano, mute come pesci benché siano due statue equestri, le decisioni della gente.
Castore e Polluce stendono sulla città, anziché il vello d'oro, un velo di misticismo: chi va in via Garibaldi sceglie la Torino Cattiva, chi va verso il Po sceglie la Torino Buona.
Con buona cattiveria o con cattiva bontà riparto per la mia visita dal Quarto luogo, ovvero seguo la via dell'eroe dei due mondi e, dopo alcuni passi, incontro via Porta Palatina che, divertente a dirsi ma a piedi da farsi, mi porta nei pressi di una casa ribelle perché in un muro ha un orecchino o un anello: dipende da come ognuno preferisce scegliere la ribellione.
Ritorno in Via Garibaldi dove incontro mille persone, ma non sono tutte vestite di rosso anche se molte amano il Marsala. Questi avventurieri prendono le traverse di questo esteso campo di gioco tra le quali leggo il nome di un santo fissato con le pere che ruba al vicino per non fargli sapere quanto sia buono il formaggio con le pere, ma il vicino non è un contadino, bensì un cittadino e se ne frega del furto perché non ha nemmeno un giardino, ma sa fare le rime benino.
Intanto proseguo, con i miei mille pensieri, verso Piazza Statuto. Nel centro della Piazza è stato piazzato (chiaramente!) un monumento rappresentante un monte con uno scalatore sulla vetta. Colui che è arrivato in punta a quella scalata è un angelo splendido che qualcuno crede sia il demonio e ai piedi della montagna (se avesse i piedi!) ci dovrebbe essere l'entrata per gli inferi. Mentre in un giardino posto vicino alla piazza c'è un obelisco con un astrolabio, uno strumento utilizzato per misurare l'altezza delle stelle sull'orizzonte.
Tutto apparentemente è normale, ma se si potesse essere contemporaneamente a Londra, Mosca, Parigi e San Francisco si troverebbe un'identica costruzione. Tra queste città si formano così due triangoli: uno buono (Torino, Lione e Praga) e l'altro malvagio (Torino, Londra e San Francisco); Torino si ritrova nel mezzo per affascinare con questo incanto chiunque sia affamato di mistero; chi, invece, è affamato può sempre vedere la Fetta di Polenta in corso San Maurizio e in via Giulia di Barolo, così, oltre a mangiare, può anche bere. E' tutta una fiaba questa città e anche questo racconto. Si può credere oppure no a tutto. Bisogna passeggiare fra queste strade, così ognuno avrà la propria fiaba da raccontare. Per scaramanzia prima di terminare questo racconto e di salutare la città, passo da Piazza san Carlo, dove in terra è raffigurato il simbolo di Torino: il Toro. La tradizione vuole che si faccia una rotazione di 360° con il tacco delle scarpe sulle “balle” del toro. Dicono tutti che quel gesto porti fortuna.
Ma al toro, vi assicuro, fa abbastanza male!